mercoledì 30 gennaio 2008

A history of violence (cit.)

Questa è una leggenda che si racconta dalle mie parti. Come ogni storia, racconto, leggenda tramandata oralmente che si rispetti, deve essere raccontata da un amico che ti dice che il nonno del nipote dello zio dell’amico del fratello maggiore di suo cugino ha preso parte a quell’ avvenimento e che, quindi, deve essere per forza vero.
Si narra di quando Mohandas Karamchand Gandhi (per gli amici solo Gandhi) arrivò, peregrinando, in un paesino del Sud Italia, con l’intenzione di divulgare i suo princìpi di non violenza.
[N.d.R. per una questione di comodità il nonno del nipote dello zio… lo chiamerò semplicemente GINO]
Gino (vi ripeto che Gino è il nome fittizio che ho attribuito al nonno del nipote…) mentre stava tornando a casa, vide nella strada principale di questo paesino arroccato su una montagna, una folla smisurata attorno a un uomo (cito testualmente) “pelato con un accenno di baffetti, con gli occhiali rotondi e con addosso una tunica bianca”. Incuriosito da quell’uomo che non aveva mai visto prima, si avvicinò e si fermò anche lui ad ascoltare le parole di colui che si rivelò essere“il padre fondatore della rivoluzione non-violenta”. Gandhi stava parlando di come fosse possibile reagire ai soprusi e alle violenze con la non-violenza.
Gandhi “…perché noi tutti, se ci uniamo, possiamo reagire. Ma reagire non significa comportarsi come loro e quindi usare la violenza, no! Reagire vuol dire restare immobili, fermi a subire le angherie dei potenti. Ma state pur certi che alla fine a vincere saremo noi
Gino: ridendo “Giovinotto, scusi l’ignoranza, ma lei vuole dire che se uno ci tira uno schiaffo noi non dovremmo reagire ma, come diceva Gesù, dovremmo porgere l’altra guancia?”
Gandhi: “Esatto! E’ proprio quello che voglio dire”
Gino: “No, non sono affatto d’accordo. Se uno mi tira uno schiaffo, io con uno schiaffo devo reagire”
Gandhi: “NO! Così facendo non farai che incrementare la violenza in questo mondo che è già troppo violento. Se tu non reagisci, invece, lo combatti con un’arma più forte: l’indifferenza!”
Gino: “Con che cosa?!”
Gandhi: “L’indifferenza!”
Gino: “Io non so che roba è st’indifferenza, ma uno schiaffo fa più male”
Gandhi: “Se continuiamo a ragionare con “occhio per occhio” il mondo alla fine diventerà cieco!”
Gino: “…e infatti io non è che ci veda tanto bene”
Gino si azzittisce e lascia parlare Gandhi. Nel bel mezzo di una frase, però, Gino prende un pomodoro e lo tira addosso al Mahatma.
Gandhi: “…perché come dic…ma che diavolo! Chi è stato?!”
Gino: “Io. Dai, reagisci!”
Gandhi: “Non riuscirai a trarmi in inganno con questi subdoli trucchetti” e poi borbottando a bassa voce “…però non si fa così, la tunica nuova!”.
Quindi tentò di concludere il discorso precedentemente avviato.
Gino: cantando con una chitarra “E quand’è bell u primm ammore e lu second’ e chiù bell ancor!”
Gandhi: “…”
Gino: “Niente?”
Gandhi: “Le ho già detto che non mi farà innervosire così. Ho subito ingiustizie e provocazioni ben più grandi di un pomodoro e di una schitarrata”
Gino: “Quindi non si sta innervosendo affatto? Queste forme di disturbo sono totalmente inutili?”
Gandhi: “Esattamente. Se il suo scopo è quello di farmi arrabbiare e di farmi avere uno scatto d’ira si sta sbagliando di grosso. Da me avrà una sola reazione: l’indifferenza”
Gino: “Allora mi scusi, mi sono comportato come un bambino” e detto questo si azzittì.
Gandhi: “Noto con piacere che ha capito il suo sbaglio…”
Gino: “ Ha ragione, ho capito il mio sbaglio, un’ultima cosa…” si avvicinò e gli tirò uno schiaffone “…nemmeno se faccio così si arrabbia?”.
Gandhi allora abbassò la testa, si massaggiò la gota colpita dal ceffone di Gino poi alzò di nuovo lo sguardo. Aveva la faccia di Gino a pochissimi centimetri dalla sua. Si tolse gli occhiali e…SBEEM! Una testata diretta sul setto nasale di Gino, e mentre questo era a terra sanguinante e piangente, il Mahatma disse con tutta tranquillità “Uomini sapete cosa c’è? Tirate mazzate a destra e a sinistra!”

lunedì 21 gennaio 2008

Pará dóxa

Non sopporto l’anticonformismo. Forse perché non sopporto le paradossalità. E affermare che l’anticonformismo è anticonformista è la cosa più paradossale seconda sola alla risposta “Non rispondo”. Inseguire la chimera della “diversità” (leggi anticonformismo) per un uomo inserito in una società come la nostra significa esiliarsi volontariamente in un modo ovattato e privo di ogni rigore logico-cognitivo, cementato dal pregiudizio di essere vittime, a loro volta, del pregiudizio altrui in quanto “diversi”. Ho parlato di diversità: innanzitutto, dovete spiegarmi cosa sia l’omologazione e la conformità (e quindi diversità). Tutti quei quindicenni con le magliette “God Saves The Queen” che calzano converse sdrucite e rispondono ad ogni maledetta domanda con “Perché io non sono come gli altri, io sono diverso” sono non-omologati? O sono semplicemente non-omologati rispetto le miriadi di classi sociali che compongono la società ma comunque simili a tutti gli altri individui che formano il loro gruppo sociale di appartenenza? Chiunque ha bisogno, per quanto si possa negare, di un’approvazione sociale e se si può non ricercare l’approvazione di altri gruppi lo stesso non si può fare riguardo il gruppo a cui si appartiene. Se viene a mancare quest’approvazione ci si trova nell’apoteosi della diversità: l’emarginazione. Solo gli emarginati sono diversi in quanto nessun gruppo sociale li ha accettati. Ad esempio: se esco in giro con le mutande in testa, in costume adamitico mi si prospettano due sole ipotesi (oltre all’incarcerazione per atti osceni in luogo pubblico):
I) venire linciato da sciùre milanesi incazzate come agricoltori messinesi in periodo siccitoso (disapprovazione -> emarginazione -> diversità);
II) il giorno seguente folle di fanciulli/adolescenti/adulti andranno in giro con slip in testa (approvazione -> omogeneità).
Questo è il semplice principio grazie al quale molte persone (Malcom McLaren e Vivienne Westwood in primis) sono diventate miliardarie: scoprire una subcultura, sfruttarla economicamente rendendola “di massa” e inchiappettare bolgie di ragazzini, come le pecore dai pastori sardi, facendoli credere di essere anticonformisti. È per questo che io sto bene nella mia uguaglianza, non ho bisogno di distinguermi da nessuno. Chi si distingue lo fa perché vuole essere notato. L’edonismo e il solipsismo sono le prime molle di ogni azione umana. Ed è per questo che io non devo studiare mai più sociologia.

venerdì 18 gennaio 2008

Memoria di un pesce rosso

Quando la risposta giusta era l’altra
Quando saresti voluto andare controcorrente, anche solo per sapere cosa avresti provato
Quando pensi che tentare significhi per forza fallire
Quando prometti ma sai che non manterrai
Quanto ti affezioni troppo velocemente
E quando non ti affezioni proprio
Quando agisci troppo istintivamente
E quando non agisci per vergogna
Quando per timore
Quando ti rendi conto che una determinata persona non la rivedrai mai più
Quando la conseguenza
E pensi sempre alla conseguenza
Quando il treno, oramai, ha fischiato
Quando avresti voluto coglierla quell’occasione
E quando forse sarebbe stato meglio non averla colta
Quando un “vaffanculo” sarebbe la risposta migliore
Ma poi la conseguenza?
Sempre ‘sta conseguenza
Quando ti comporti male, ma davvero male…da stronzo diciamo.
Quando sei inibito dalla vergogna
E quando dalla paura
Quando le frasi avventate
Quando ci sono tante, troppe cose che vorresti fare e tante, troppe che invece no.
Forse per tutte queste ragioni ci sarebbero dei vantaggi nel vivere ogni giorno una vita diversa. “Vivere una vita diversa” non lo intendo in senso buddista. Più che di una trasmigrazione parlo di una resurrezione. Una quotidiana rinascita senza la scocciatura di poter ritrovarsi incastrato nella carcassa di una vacca. Vivere sempre la stessa vita, ma ogni giorno come se fosse la prima volta. Prendersi tutti i rischi, afferrare tutte le opportunità. Non affezionarsi a nulla. Rendere rarità la quotidianità. Incantarsi davanti una macchinetta del caffè e meravigliarsi per quell‘oggetto strano che emana luce e calore. Ogni giorno. La noia, foriera dell’inettitudine, verrebbe così soppressa. I rischi non si chiamerebbero rischi bensì possibilità. Dove non ci sono rischi non ci sono preoccupazioni. E dove non ci sono preoccupazioni, forse, c’è felicità. Invidio chi soffre di amnesia. Invidio i pesci rossi.

Woow. Wooow. Woooow. Dove sono? Chi sono? Dove vado? Qual è il senso della mia vita? Come prima cosa dovrò iniziare a dare un nome alle cose. Io mi chiamerò…mi chiamerò…"pesce rosso". Ah ah! Sì! "PESCE ROSSO"! Poi..poi…woow, cos’è quella cosa? Eheh…la chiamerò, la chiamerò pietra. Eh già, il nome adatto, "pietra". E cos’è questo fluido umidiccio che mi avvolge e mi protegge…un attimo…che vuol dire “fluido”? che vuol dire “umidiccio”? Comunque la chiamerò "acqua". Adoro questo posto! Devo esplorarlo bene, devo conosce…wooow! Wooooow! Cos’è quella cosa? Ho come un dejà-vu…comunque la chiamerò…la chiamerò "montagna". Sono felice, è un mondo fantasti…wooow! Woooooow! Cos’è quella cosa lì? Quella cosa con dei forellini e un patina verde sopra…cos’è? La chiamerò…la chiamerò "Dio"!

lunedì 14 gennaio 2008

Vanna è Gloria

Nelle peggiori bettole del paesino garganico da cui provengo potete trovare una rotocalco intitolato “Il Moschetto”.
Là ci scrivo anch’io.
Prendetelo.
Portatevelo a casa.
Spargete la voce.
E’ Gratis.

Blog Notes
Dall’alto dell’esperienza “bloggistica” che mi cinge (anche se sarebbe più appropriato “dall’alto di ‘sto cazzo”) hanno pinzato sulla mia maglia il nefasto cartellino di recensore. Ora, è ben noto che i recensori sono arpie che sfogano le proprie manie e smanie d’onnipotenza umiliando qualunque cosa capiti sotto le loro lorde mani, eccetto i casi nei quali vengano “incentivati” con ampie somme di denaro (e qui c’è il messaggio subliminale). Solo il cliché del “recensore-arpia” avrebbe dovuto portare la mia persona a ripudiare questo ruolo poco ambito. In aggiunta mi trovo nella posizione di giudice di avvenimenti personali di gente che in alcuni casi non conosco che scrivono con un mezzo che è, per antonomasia, semplice, sciatto a volte e privo di rigorismi lessicali. Perché ho accettato questo ruolo, allora? Be’ semplice: ho una terribile voglia di effondere la mia smania d’onnipotenza.

http://noteapiedipagina.splinder.com/
Grafica pulita, colori semplici, sfondo bianco: questo blog è l’esatto opposto di quelle accozzaglie di colori, immagini, dimensioni di caratteri sfasate e sempre diverse che milioni di blog possiedono e che impallano il vostro affaticato piccì ogni qual volta tentiate di caricarle. Oltre al design chiaro e immacolato è aggiornato regolarmente con post intelligenti e ben scritti. L’autrice miscela interventi riguardanti la gestione (per nulla facile) di una libreria in un paese di gente che al massimo legge le bollette e la lista della spesa ad altri riguardanti la sua vita privata ad altri ancora in cui commenta avvenimenti di pubblica attualità . E poi, da buon libraia qual è, la blogger non disdegna qualche post “citazionista” con estratti di romanzi e racconti che potrebbero, si spera, incuriosire i frequentatori del blog e spronarli alla lettura. Se siete alla ricerca di un’esperta che vi possa consigliare delle ottime letture, questo è il blog che fa per voi.

sabato 12 gennaio 2008

Poker natalizio

In periodo natalizio è d’uopo trastullarsi, per passare una buona serata in compagnia, con giochi di carte. Ed è altresì d’uopo, per rendere il tutto più “pepato” scommettere qualche monetina, qualche centesimo. Se nella prima mezz’ora di gioco le scommesse non superano i 20 centesimi di euro e lo svago si chiama “sette e mezzo”, dopo la mezz’ora si accendono sigari, si scolano whiskey, si cambia mazzo di carte e le animate bestemmie per quel full che “non s’è ficcato” sono alternate ad azzardati “vedo i tuoi 100 e rilancio col libretto della macchina”. In questi ambienti, fumosi e con il pavimento appiccicaticcio per i litri di sudore, sangue e bevande varie che irrigano le venature delle piastrelle, l’uomo, per definizione essere dotato di intelletto et ragione, si tramuta in puro animale lasciando intervenire solo la parte stupida del suo cervello. E non aiutano gli amici che sono usciti dal gioco per aver sperperato i loro 200€ di budget che dalle retrovie, quando nelle tue cinque carte, e nei tuoi occhi, si legge la disperazione di un colore mancato, ti gridano “ALL IN. ALL IN!”. La notte del 24, o meglio alle cinque di mattina del 25, dopo tre entusiasmanti ore di poker alla texana propongo un “Be’ chi vince paga la colazione” spinto dalle pietose condizioni in cui versavano il mio stomaco e le mie situazioni finanziarie. Fortuna (provvidenza divina) volle che, dieci minuti dopo dinnanzi a me stazionavano alte pile di fogli di carta e filigrana che i parenti avevano donato ai propri cari per farli investire in titoli della parmalat o per fargli comprare il gelato e che loro avevano sputtanato con un gioco demoniaco, nella notte più sacra per i cristiani. Poiché Babbo Natale, quella notte a casa mia non era arrivato, poiché quella notte, mi hanno riferito, Babbo Natale è caduto dalla slitta poco prima di giungere nella mia tana, pensavo che tutti quei soldi vinti me li fossi meritati e che se Dio esiste, mi vuole bene. E che se Dio non esiste, allora devo usare più spesso la parte stupida del mio cervello.

Parte stupida: “ALL IN!”
Parte intelligente: “Che dici, aspettiamo almeno di vedere le carte?”
Parte stupida: “Va bene”
Parte intelligente: “Un otto a fiori”
Parte stupida: “ALL IN”
Parte intelligente: “ Non dargli ascolto”
Parte stupida: “ E’ uscito un altro otto a fiori!”
Parte intelligente: “E’ sempre lo stesso, cretino!”
Parte stupida: “Otto a cuori, otto a cuori, ti prego otto a cuori…EVVAI OTTO A CUORI”
Parte intelligente: “Che sfortuna sfacciata”
Parte stupida: “Vai baby, ALL IN!”
Sottoscritto: “All in”
Parte intelligente: “Oh No…”
Amico: “Vedo”
Parte intelligente: “Ecco, ora siamo definitivamente nella merda”
Parte stupida: “ALL IN!”
Parte intelligente: “…”
Sottoscritto: “Tris”
Amico: “ 'azzo, coppia. E’ tutto tuo”
Parte stupida: “Abbiamo vinto?”
Parte intelligente: “Fortunatamente sì”
Parte stupida: “EVVAI! Scusa una cosa…che vuol dire tris?”

giovedì 10 gennaio 2008

Che tristezza...

...constatare che testadipomodoro non ha aggiornato ancora il blog.


Oh ma che fine ha fatto testadipomodoro?
Non si fa sentire dal 20 dicembre...
Io ho sentito dire che è morto
Anch'io ho sentito dire che è morto, però tre giorni dopo è risorto
Ma che cazzate! Volete sapere la verità? A perso a poker 500.000€ con un mafioso russo
Io invece sapevo che aveva vinto 500.000€ contro un mafioso russo con un bluff ed è scappato nell’isola di Bouvet
Alcuni dicono che è scappato con la befana
No, non è la befana…E’ andato in Lapponia a fare l’aiutante di Babbo Natale
Se l’è chiamato Cristo!
Io l’ho visto due giorni fa. Ha i capelli biondi lunghi e si fa chiamare Susy
Sta male, ha la meningite
L’aids
L’epatite fulminante
E diventato prete
...suora
Fa il missionario nel Kuwait
L’hanno rapito gli alieni
Lui è un alieno
E’ Elvis
Batman
Robin
Alfred, l’aiutante
Sta girando un film porno
È un film porno
Lui è
E…

Ero giovane e inesperto

Ringraziamenti

A mio fratello Leonardo e a Nicola per il logo.