giovedì 28 febbraio 2008

Gioco d'azzardo

…quand’eravamo piccoli noi che i commercianti ci davano il resto a caramelle…

Tabaccaia: Ciao, cosa ti serve?
Sottoscritto: Ho comprato questo gratta e vinci ed ho vinto
Tabaccaia: Dammi un attimo che controllo
Sottoscritto: Tieni
Tabaccaia: Hai vinto 250 euro, che fortunato! Come li vuoi?
Sottoscritto: A caramelle
Tabaccaia: Veramente?
Amico: Per l’amor del cielo, no! Lo perdoni ma non è normale, pensi che il suo hobby è fotografare i capelli…
Tabaccaia: ah capisco. Quindi come li vuoi?
Amico: In francobolli.
Tabaccaia:
Sottoscritto: Posso fotografarti i capelli?

mercoledì 27 febbraio 2008

Sinceramente, sono molto interessato alla tua opinione (bah, forse oltre a non essere intelligente e brillante, non so essere nemmeno sarcastico)

Prima che scenda anche gesù cristo dalla croce per dirmi cosa ne pensa (il che mi farebbe molto piacere, perché sono molto, ma molto interessato alle opinioni altrui) posterò la risposta di Massimo Coppola (quello che scrive per Rolling Stone...ah già che scemo, Rolling Stone lo leggono "milioni" di persone, non c'era bisogno di scriverlo)

Caro testa di pomodoro non capisco la tua delusione. Non ci vuole molto a diventare come il tuo idolo. Basta fumare in ascensore, comprare una birra da 66 e rispondere svogliato "niente" quando ti chiedono cosa fai nella vita. Non ci vuole nemmeno molto a superare a sinistra Pete Doherty, il tizio dei libertines che ti ha deluso perchè non si è sparato un colpo o una dose fatale in vena. Sparati un colpo o sparati una dose fatale in vena. (...)Cari Testa di Pomodoro e Sabotig, è chiaro che vi sentite soli. Pure io.

Questa è la risposta. Ora, io credo che abbia "vagamente" travisato ciò che volevo intendere.
Detto questo, spero che la groupie di Massimo Coppola sia felice adesso.

Piccola nota di servizio:
Per tutti coloro che mi considerano, senza conoscermi:
- paraculo
- stupido
- scassapalle
- idiota
sono liberissimi di pensarlo, ma sappiano che io non sono per la democrazia e ancor meno per la libertà d'espressione. Semplicemente, non visitate più questo blog. Non pensate che non possa vivere senza essere a conoscenza della vostra opinione. Io me ne frego (cit. dal mio idolo: Benito Mussolini)

domenica 24 febbraio 2008

L'autocelebrazione è masturbazione

In Italia c’è una rivista musicale, si chiama Rolling Stone. Sulla rivista musicale Rolling Stone c’è una rubrica, si chiama Il cerotto sulla bocca. Sulla rivista musicale Rolling Stone, la rubrica Il cerotto sulla bocca è tenuta da uno scrittore, si chiama Massimo Coppola. Sul numero di marzo di Rolling Stone, nella rubrica Il cerotto sulla bocca di Massimo Coppola, hanno pubblicato una mia lettera.

Caro Massimo Coppola, non ho più idoli. Ne avevo uno ed è morto tre giorni fa. Non morto nel senso chiuso in quattro lastre di legno inchiodate, morto in senso lato. Gli idoli servono. Ti fanno sognare, li guardi e loro ti dicono "Hey Baby, io sono ciò che tu non sarai mai". Anni fa c’erano Cobain, Bukowski, Morrison, Guevara. Nel 2000 l’essere che più si avvicina allo stereotipo dell’idolo è un “libertino” inglese, tossico, che a 27 anni, invece di procurarsi un’overdose o di spararsi in bocca ha deciso di disintossicarsi (se avessi avuto Kate Moss al mio fianco avrei fatto la stessa cosa). Il mio idolo non è uno scrittore né un cantante e tanto meno un attore. Il mio idolo è l’inquilino del quinto piano. Fuma in ascensore e quando passa il lascito di fumo è così intenso da intossicare chiunque. Alle tre del mattino lo trovi spalmato al muro adiacente la panetteria maghrebina che si scola la ventesima 66. Io voglio essere come lui. Avere trent’anni, scolare birre e fumare in ascensore e rispondere svogliato "niente" quando mi domandano cosa faccio nella vita. Ma, tre giorni fa, lo sconforto: un intenso profumo di dopobarba, foriero di uno spettacolo a cui non avrei mai voluto assistere: giacca, cravatta, pantaloni con la piega, barba ben fatta e valigetta. Non ho più idoli

domenica 17 febbraio 2008

Non esistono più le mezze stagioni

Mi sveglio di soprassalto, completamente stordito, disorientato, senza una pur vaga cognizione logistico-temporale. Con fatica dissigillo i miei occhi e me li stropiccio un po’. Persiana serrata. Dai suoi alveoli viene fuori una sfacciata luce fulva che sgorga dai luminari stradali e che va a tinteggiare il muro rasente al mio letto, facendo risaltare le pagine di riviste strappate che lo agghindano. Uno dei riflettori trafora le fessure dell’imposta evidenziando una frase scritta con un’aguzza calligrafia: “Ho scoperto la verità. Niente sarà più come prima”. La frase illuminata illumina la mia mente: sono nella mia camera di Milano. Con le palpebre ancora a mezz’asta spedisco le mani ad ispezionare il parquet in cerca del mio cellulare. La prima volta desisto a causa di un fortissimo prurito che, con radici in un punto indefinito, si dirama lungo tutto il corpo. Con il palmo della mano lambisco la mia epidermide finché non giungo all’avambraccio dove incappo in una protuberanza che ha tutte le sembianze di una bollicina. Ne incontro un’altra sul lobo sinistro. Un’altra ancora sul polpaccio. Dopo aver raschiato le zone ammorbate, rigetto in basso le mani al setaccio del pavimento. Anche questa ricerca fallisce a causa di un sibilo, un fischio, un rumore così forte e così vicino al timpano da provocarmi dei brividi che si espandono in basso fino alle estremità inferiori. Ci riprovo un’altra volta, questa volta l’ultima. Trovo il cellulare, fortunatamente acceso. Schiaccio un tasto per far illuminare lo schermo, ma quando questo accade la luce emanata è così forte che, per alcuni secondi, la mia vista è completamente annebbiata. Istintivamente ruoto l’apparecchio verso il basso per dare il tempo alle mie pupille, ora fortemente dilatate a causa del buio dal quale erano avvolte, di rimpicciolirsi. Nel frattempo lo schermo s’è abbuiato quindi schiaccio nuovamente un tasto per rischiararlo senza, però, commettere il precedente errore: il lampo, ora, abbaglia il piumone blu con fantasie floreali bianche che mi aggomitola. Quando riesco a puntare lo schermo contro i miei occhi, su di esso ci sono scritti due numeri “6 6”. Pigio due volte, senza quasi sollevare il pollice dal tasto, il pulsante “C”. Finalmente, in tutto il suo bagliore, mi appare il motivo per il quale ho rischiato la cecità: “02:17 - 17-FEB-2008” lo rileggo una seconda volta ripetendolo in mente per convincermi di non essere in un sogno: “diciassettefebbraioduemilaotto”. Rifletto bene sul significato di quei numeri e un ghigno scolpisce la mie espressione mentre penso “È febbraio…pieno inverno…è impossibile…”. Ma un nuovo rumore, più intenso del primo, fa irruvidire la mia faccia facendomi esclamare “Ma…Cheddiavolo!…ehnnò!”. Accendo la lampada, restando seduto a gambe incrociate sul letto. Spinto da una forza eterea giro lo sguardo verso il muro dove ho una visione: un maialino da latte con le ali. E’ talmente satolla di sangue, la puttana, che non riesce a volare a più di 1mm/h. Inspiro. Espiro. Poi il respiro si fa sempre più profondo…I muri di tutti i sei piani del condominio in cui vivo hanno tremato, propagando le vibrazioni per i successivi tre minuti. Ora 20cl del sangue di una zanzara incorniciano la scritta “Ho scoperto la verità. Niente sarà più come prima” e, alla loro destra, un cerchio a matita delimita i resti di quella che fino a pochi secondi prima era una grassa, ebbra di sangue, zanzara. Poi, sempre a matita, una croce e una data “17-FEB-2008”. L’epitaffio in basso, recita così: “Sarebbe dovuta emigrare mesi fa, ma preferì restare in quella camera così accogliente e nutriente. Morì contenta…la puttana!”

venerdì 15 febbraio 2008

Sgamato

- Sì, sono io
- …
- Mio figlio con un porno nazista feticista?
- …
- …donne con le manette?
- …
- e le fruste…
- …
- No, una denuncia mi sembra esagerato! D'altronde ha 6 anni, sta iniziando il percorso di educazione sessuale che tutti abbiamo affrontato
- …
- Be’ sì i porno fanno parte dell’educazione sessuale, come io e lei ben sappiamo
- …
- Nono, era per dire, neanch’io ho mai visto un porno
- …
- Sì verrò a prenderlo personalmente alle 15. A dopo suor Pasqualina.

giovedì 14 febbraio 2008

Non vi preoccupate è solo sonno arretrato (cit.)

- Pa‘, so’ due giorni che non sto tanto bene, che può essere?
- Che sintomi hai?
- Stanchezza, poi nausea…
- Hmm
Borbotta un po’ tra sé e sé e poi in quattro e quattr’otto mi comunica la sua diagnosi:
- Allora è molto semplice: un’entità biologica parassitaria appartenente alla classe RNA della famiglia degli orthomyxoviridae ha infettato il diencefalo e si è sparsa in tutto il corpo causandoti uno sfasamento della termoregolazione, alterando l’ipotalamo…
Mentre continua a parlare io prendo appunti, faccio mille e mille segni di scaramanzia e scrivo il mio testamento spirituale perché ho l’impressione di avere pochi giorni di vita, anzi, poche ore.
- ...ciò inoltre ti ha causato una diminuzione dei livelli del colecalciferolo…
- Oh mondo infame, mondo infame! Vita nefasta perché tali sventure riservasti per me?!
- Ma che diavolo stai dicendo?
- Parole a caso, però ho sempre sognato una scena molto tragica per quando mi avessero comunicato della mia morte
- Ma che diavolo dici! Non si muore per un’influenza
- È una semplice influenza? E allora perché parli di coleotteri, ipocriti e genesis?!
- …
- Di’ la verità la parte del mondo infame e del destino nefasto ti è piaciuta!
- Se non era per te avrei potuto tranquillamente dire di non rimpiangere nulla della mia vita…
- Così mi offendi. Ricordati che io ho accesso al tuo conto corrente bancario
- Ricordati che Milano d’inverno è freddissima e avere un tetto sopra la testa è un gran vantaggio
- Grazie dottore è stato molto gentile, cosa le devo per la diagnosi?
- La tua anima! La prossima volta chiamami solo se hai un herpes zoster o se il cuore ha smesso di battere

giovedì 7 febbraio 2008

Vanna è Gloria pt III (la parte II la saltiamo)

Lettera aperta di un cittadino qualunque.

Dicono che noi, a San Giovanni Rotondo, dobbiamo solo ringraziare Padre Pio, che se non era per lui, che ha portato il turismo e ha costruito l’ospedale, a quest’ora stavamo ancora a vendere le patate in piazza Sant’Onofrio. Dicono che lo dobbiamo ringraziare tanto perché ora quando rispondiamo “San Giovanni Rotondo” a quelli che ci chiedono da dove veniamo poi quelli ribattono sempre con “Ah, Padre Pio!” e che se non era per lui la risposta sarebbe stata “Ah, Patate!”. Dicono anche che noi, a San Giovanni Rotondo, ci stiamo cullando su quello che ha fatto Padre Pio e che però ora non stiamo facendo niente di bene per San Giovanni e i sangiovannesi. Anzi, dicono anche, che noi, a San Giovanni, Padre Pio lo stiamo sfruttando, spolpando ben benino come si fa con la coscia di gallina al brodo, fino all’ultimo pezzetto di carne. Dicono che dobbiamo ringraziare che i santi fanno le grazie e non le disgrazie che sennò a quest’ora Monte Calvo ci sarebbe crollato addosso o qualche terremoto c‘avrebbe fatto sprofondare. Ma io lo so perché lo dicono: invidia. Solo e soltanto invidia. Per questo tutti ci criticano, tutti ci giudicano. Sono invidiosi della nostra condizione di privilegiati. Noi abbiamo avuto Padre Pio e loro no, per questo sono invidiosi. Ci diffamano asserendo che non facciamo nulla di buono per il nostro paese ma che ci limitiamo ad abusare e a marciare sui vantaggi che il pellegrinaggio ci apporta. Malelingue osano addirittura accusarci di sfruttare l’immagine e il nome di Padre Pio. Ci dicono anche che, proprio perché “miracolati”, dovremmo essere più umili e tornare sulla retta via invece che toccare il fondo della ripugnanza e continuarci a scavare . Dicono che ha costruito l’ospedale e ha fatto sì che la nostra cittadina diventasse riconosciuta a livello nazionale per il servizio ospedaliero e che noi in cambio attacchiamo la sua faccia sugli accendini. Eh be’? Sempre maliziosi, sempre malpensanti! Nessuno ha capito il vero movente per cui l’abbiamo fatto: qual è il vizio più diffuso? Le sigarette. Con cosa le accendiamo le sigarette? Con l’accendino. Di conseguenza qual è l’oggetto che usiamo più spesso? Ecco perché abbiamo attaccato l’immagine di Padre Pio sopra gli accendini, le penne, le matite, le bottiglie d‘olio, le magliette, gli asciugamani, i fazzoletti, le caramelle, i postini… così lo abbiamo sempre al nostro fianco. Ci chiamano, come se ciò ci offendesse, la Las Vegas del pellegrinaggio (ringraziate che in Italia il gioco d’azzardo non è legalizzato altrimenti già me li vedo luccicanti e sfavillanti “Casinò Padre Pio. Per vincere non ci vogliono miracoli”). Poi come non posso sopportare quelli che dicono “Padre Pio si starà rivoltando nella tomba” con quell’aria saccente, come se non ci fossimo accorti dei cigolii provenienti dal suo loculo . Ed è per questo che abbiamo chiesto che venga aperta la tomba, così se davvero Padre Pio si è rivoltato dentro, noi lo rimettiamo a pancia in su. Però quando facciamo le cose buone, nessuno ce le riconosce. La chiesa nuova, che ci entrano pure più pellegrini, allora? E la nuova cripta? Trasliamo Padre Pio da quel vecchio ipogeo, così buio e umido in uno più nuovo, più largo e più luminoso, e nessuno che ce ne dà merito. Gli antichi dicono che, almeno i morti, quelli vanno lasciati in pace lì dove sono. Ma Padre Pio ci vuole troppo bene e quindi non si dispiacerà se lo spostiamo di qualche metro.

Ero giovane e inesperto

Ringraziamenti

A mio fratello Leonardo e a Nicola per il logo.